E’ buio. Tutte le luci sono spente, e all’improvviso la prima traccia del cd parte…un suono d’organo, qualche linea melodica, e poi dei rintocchi di pianoforte. Tasti battuti, che ripetono la stessa sequenza di note, sulle quali due voci, quella di William Fitzsimmons e quella di Caitlin Crosby, raccontano la fine di un amore, fino alla chiusa della canzone, con una breve incursione elettronica, e l’ultimo definitivo accordo del pianoforte.
Il terzo disco di William Fitzsimmons inizia così, struggente e spoglio, autunnale di umore, e delicato, cantato sempre con un sussurro, sovrastato a volte solo dai suoni laceranti di un pianoforte che piange, o dalle corde di una chitarre pizzicate con cura.
Se le vostre passioni musicali hanno goduto nell’ascolto degli album di Iron & Wine, di Bon Iver o dei primi di Sufjan Stevens, allora sicuramente avranno di che gioire per le stupende melodie nascoste in queste dodici tracce.
Nascoste perchè si apprezzano soprattutto se si presta attenzione, se si guarda con cura alla costruzione dei brani, all’attenta e sapiente scelta dei pochi strumenti, per arrivare a un suono che quasi mai si satura, che rimane sempre leggero e che ci lascia entrare, penetrare tra una nota e l’altra, come se stesse nascendo proprio qui, in questa stanza, al nostro fianco.
Un’attenzione ai suoni che nasce sicuramente dall’infanzia, dal bambino che impara a comunicare con i genitori ciechi, attraverso la musica, dove i suoni sono l’unico segno che il mondo attorno riesce a far giungere loro. Corde e tasti, suonati con amore e trasporto.
In quest’ultimo cd il passo verso una maturità di scrittura è notevole, e mentre le prime due raccolte, autoprodotte e maldistribuite, lasciavano spazio anche a tessuti di percussioni campionate, alla ricerca forse di qualche aggancio alla ‘modernità ‘, qui la produzione e la distribuzione, seguite dalla casa discografica, hanno sicuramente giovato, portando da una parte a suoni più “a fuoco”, meglio definiti, e dall’altra ad una promozione gratificante e necessaria.
Potremmo credere di trovarci di fronte ad un altro disperato, che ci racconta il suo malessere e la sua disperazione, come un nuovo Elliott Smith, il cui disagio nei confronti del mondo ci ha privato definitivamente della bellezza delle canzoni che ancora avremmo potuto ascoltare dalla sua viva voce. Non è così, il raccoglimento della maggior parte delle canzoni accompagna testi che ci parlano ancora una volta di amori persi, di errori fatti, di perdoni chiesti e accordati. Storie che sembrano autobiografiche, vissute sulla propria pelle perchè scritte a ridosso di una separazione consumata nella vita reale, ed esorcizzata nell’arco di un disco, attraverso una dozzina di tracce che trovano le punte nell’iniziale “After And Afterall”, nella quasi-allegria di “You Still Hurt Me”, nella compiutezza di “Find Me To Forgive”, per arrivare alla visione positiva con cui il disco si chiude, una “Goodmorning” che ci permette di guardare alla giornata che arriverà con uno spirito diverso e finalmente positivo.