Ci avevano stupiti con l’elettronica dronica e rumorosa di “Street Horrrsing” e si sono riconfermati alla grande con il nuovo “Tarot Sport”. Ora è tempo per i Fuck Buttons di testare i nuovi pezzi dal vivo, e ridare vita alle mostruose e insieme eteree creature elettroniche del loro acclamato esordio. Per i due visionari musicisti e manipolatori di suoni questa è la seconda volta al Circolo degli Artisti, peccato però che il pubblico accorso è davvero scarso. I bristoliani Andrew Hung e Benjamin John Power però non si perdono d’animo: salgono sul palco concentratissimi e determinati, noncuranti di quello che succede nel locale. Dalle loro sapienti mani, che interagiscono con tastiere, tastierine, laptop e altri aggeggi collegati a una selva di fili multicolore, fuoriescono imperiose cascate di rumore squarciate da ondate di accecante luce cosmica. Al di sotto dei densi strati di suoni/rumori si fanno strada ossessivi beats tribaloidi che ci fanno pulsare muscoli e nervature, facendo traballare e quindi vacillare per poi far sfracellare dentro gli spazi vuoti e incontaminati della mente anche i pensieri.
L’esperienza auditiva di un concerto dei Fuck Buttons, se vissuta con lo stato d’animo e la propensione giusta, è davvero totalizzante. Non sono concesse distrazioni. Non puoi pensare ad altro. Si sente un po’ mancanza di giochi di luci più complessi e/o videoproiezioni: sarebbe stato davvero il massimo.
I due raramente si voltano verso il pubblico (tranne durante “Ribs Out”, Quando Benjamin tutto impettito, si mette a martellare un timpano sul ciglio del palco e Andrew si mette a gridare ed emettere versi allucinati al microfono), tutti intenti a comunicare tra di loro attraverso sguardi e vistosi cenni del capo, completamente inglobati nella loro musica, prigionieri e allo stesso tempo amorevoli custodi delle loro magiche macchine.
Il magma sonoro ti avvolge lentamente fino a fagocitarti, svuotando il tuo corpo e riempiendolo di una essenza nuovissima, aliena e insieme intrisa di grande umanità . è come trattenere il respiro per un’ora e passa, ed implodere lentamente, fino a scomparire nel Nulla per ritrovare, in quel Vuoto, se stessi.
Foto Credit: Matt Biddulph from UK [CC BY-SA 2.0], via Wikimedia Commons