Ascolto molta musica e raramente i miei timpani vibrano in modo del tutto nuovo: il disco dei Fuck Buttons “Street Horrrsing” mi fa pensare che forse qualcosa di grandioso è all’orizzonte, qualcosa che è più simile ad un pestaggio in piena regola piuttosto che un semplice cazzotto ben assestato.
Non so se per qualcuno ha senso ciò che sto per scrivere, ma a me sembra di ascoltare la versione pop dei Wolf Eyes, e mi piace parecchio!
Tutto l’album è un continuum, i brani iniziano nella coda del precedente, un vortice avvolge l’ascoltatore, che rapito probabilmente non vorrebbe mai più mettere piede a terra e in realtà questo effetto sarebbe raggiungibile usando l’accortezza che a suo tempo fu di Lee Ranaldo per “From Here to Infinity”, ovvero lasciare l’ultimo solco del disco chiuso su se stesso, in un loop infinito appunto. Mai possibile che con gli mp3 non si possa ancora inscenare nulla del genere?!
Dietro i synth e le drum machine ci sono Andrew Hung e Benjamin John Power, ad urlare nei microfoni non so se sia l’uno o l’altro, ma conta ben poco, potrei esserci anch’io, il risultato non cambierebbe. Non cambierebbe perchè le voci sono usate come ‘semplice’ strumento e non per la loro tonalità , timbrica e tutti gli altri aggettivi che vi vengono in mente per descrivere una voce. Tutto il suono è filtrato dai fottuti bottoni, ma non in maniera banale, non in maniera consueta, quando dico tutto, intendo proprio tutto, non ci sono effetti in questo disco, o suoni strani: è tutto un effetto e sono tutti suoni strani. Spero di aver fatto loro un complimento, era questa la mia intenzione.
Lame taglienti (soprattutto le voci), raggi cosmici, ritmi lenti, lentissimi, ma mai mosci, una tensione che percorre tutte e sei le tracce, mi ha fatto lo stesso effetto che mi fece ascoltare per la prima volta “Mirror” dei Battles.
Non fatevi ingannare dal carillon che suona nell’introduzione, non state entrando nella stanza di un neonato, ma in un inferno di suoni che vi riscalderà gli orecchi.
Credit Foto: Ian T. McFarland from Los Angeles, USA [CC BY-SA 2.0], via Wikimedia Commons