Anche se “Nihilistic Glamour Shots” è il loro album d’esordio, non possiamo certo dire che i Cabbage siano una band che ama stare nell’anonimato. Attivi dal 2015 hanno pubblicato più di trenta singoli e tre EP i cui brani sono inclusi nella compilation “Young, Dumb and Full Of…” uscito nel 2017.
I cinque componenti della band e più precisamente Lee Broadbent (voce),Joe Martin ( voce, chitarra), Eoghan Clifford (chitarra), Asa Morley (batteria) e Stephen Evans (basso) sono originari di Mossley, piccola cittadina a 15 chilometri da Manchester.
Si sono rapidamente guadagnati un ruolo di spicco nella scena neo punk britannica dove portano freschezza e vitalità  condite da aspra irriverenza, quello sporco e sozzo senso dello humour e quella spavalderia, a tratti selvaggia e rozza che caratterizza anche le loro esibizioni live. Vi invito a dare un”occhiata al video del loro singolo “Dinner Lady” pubblicato un paio d’anni fa per rendervi conto di come i Cabbage non siano di certo entrati in punta di piedi chiedendo “permesso” nella scena musicale alternativa britannica, che, diciamolo francamente, da tempo sta aspettando con una certa impazienza una band in grado di appassionare e coinvolgere le masse. Per il momento il quintetto ci sta a modo suo riuscendo anche grazie ai loro eccessi che la stampa ed i media inglesi hanno amplificato come nell’ormai famoso fatto accaduto un anno fa al Kentish Town Forum di Londra. Una giovane ragazza che attendeva con ansia l’esibizione dei Kasabian, si è trovata, a sua insaputa, coinvolta nello spettacolo che il cantante della band di
supporto ( i Cabbage ovviamente) inscena -come parte dello spettacolo- simulando un atto sessuale poco romantico. Anche se l’episodio fu chiarito la sera stessa con Lee a stringere la mano del padre della povera ragazza ( anche lui presente al concerto ) il tweet di Nicole Rushworth che denunciava l’accaduto fece molto scalpore e mise Lee e la
sua band sotto una cattiva luce.
Ma cosa hanno i Cabbage di così particolare? Cosa li rende così speciali? Sicuramente uno dei motivi sono i testi. Joe Martin ha le carte in regola per diventare un punto di riferemento per chi ha sete di parole pesanti e gravide di significati. I suoi testi hanno la capacità  di farci riflettere, trattano di politica e di problemi sociali, la sua è
poesia grezza, diretta, parole e frasi che spaccano la dura pietra perchè sanno colpire la crepa, il punto più debole e sensibile.
Temi così importanti e scottanti vengono però narrati attraverso una visione kafkiana e paradossale, creando nella nostra immaginazione immagini stravaganti e goffe, spesso grottesche.
La collaborazione con James Skelly ha contribuito all’evoluzione in termini musicali della band che ha poi potuto contare anche su Rich Turvey per la produzione dell’album. Non aspettiamoci l’accompagnamento
d’archi di Eleonor Rigby ovviamente.
Una band prolifica come i Cabbage non ha mai badato troppo agli arrangiamenti, questo fa parte del loro stile.
In quest’album però c’è molta più attenzione per i particolari, chitarre più dialoganti e le voci di Lee e Joe più incisive. I dodici brani inclusi in questo debutto hanno ritmi e caratteristiche dissimili, è questa la grande novità  che potrebbe sorprendere i fan della prima ora.

Rispetto al passato troviamo brani più “d’atmosfera” come “Perturabo” e “Disinfect Us” con percepibili influenze blues e la surreale marcia funebre “Reptiles State Funeral”, una “Margaret on the Guillotine” dei tempi moderni. Ci imbattiamo in momenti decisamente più pop, come la sorniona e ‘countryggiante’ “Exhibit A” e ‘ Gibraltar Ape” dove la
parte ritmica la fa da padrona con la linea di basso e batteria che da sola sostiene il brano con lo splendido solo di chitarra nel finale a prendersi una sostanziale rivincita.
Il brano di apertura “Preach to The Converted” è invece in pieno stile Cabbage: un garage punk con il classico ritornello surf ed una linea di basso ipnotica che ci introduce alla successiva “Arms of Pleonexia”, vero gioiello post punk dell’album, dove Lee e Joe duettano vocalmente trattando il triste tema del commercio di armi. Una linea ritmica indovinatissima con un refrain trascinante, quel “How long till we take responsibility?” che immaginiamo sarà  il pezzo più amato e cantato dai fan durante le loro esibizioni live, un anthem veramente azzeccato.
Punk d’annata troviamo invece in “Obligatory Castration” ( possibile rimedio per salvarci dal sovraffollamento ) è una vera iniezione d’adrenalina, non occorre la fantasia della Rowling per trovarci nel 1977 cazzeggiando in Carnaby Street o meglio ancora, bevendoci una birra in King’s Road.
“Subhuman 2.0” è l’ultimo brano della lista e troviamo questa scelta indovinata sia per il ritmo lento, per la lunghezza e per la ripetitività  di quei due accordi che ben si prestano a sfumare in un finale infinito.

C’era molta attesa riguardo quest’album d’esordio e se le aspettative erano alte possiamo dire che i Cabbage non le hanno deluse. Un ruolo importante il loro, ci si aspetta molto da chi ama rischiare e comunicare in maniera poco tradizionale e diretta. La controcultura ha il suo fascino ed esserne tra i protagonisti è già  un grande successo. I
ragazzi di Mossley hanno molto da dire : quest’album è la raccolta delle loro ultime dodici canzoni, nulla di studiato o valutato secondo criteri di vendita o di opportunità . Possiamo seguire la loro evoluzione in tempo reale, aspettiamo a breve il prossimo singolo per continuare il viaggio in loro compagnia.