Un disco solista a firma John Parish è sempre un piccolo evento. Raro, per un musicista di gran classe che è anche produttore e collaboratore di PJ Harvey (un sodalizio ormai più che ventennale) Eels, Giant Sand, Sparklehorse ma anche di Nada, Afterhours e Marta Collica (solo per citare alcuni nomi illustri di una lunga lista) oltre che autore di numerose colonne sonore (molte raccolte in “Screenplay” del 2013).

Non stupisce quindi che gli album realizzati da John Parish in (relativa) solitudine siano arrivati col contagocce, usciti spesso a distanza di anni uno dall’altro. “Bird Dog Dante” è frutto dell’impegno di Parish coadiuvato dal gruppo storico di musicisti che da tempo lo accompagna: Jean-Marc Butty alla batteria, Jeremy Hogg alla chitarra, Giorgia Poli (ex Scisma) al basso e Marta Collica alle tastiere.

Come spesso capita a John Parish, i brani sono stati registrati un po’ dovunque, tra il Toybox studio di Bristol e lo studio casalingo del musicista, aggiungendo sempre ulteriori dettagli a un album già  di per sè molto ricco. Ospiti d’onore l’immancabile PJ Harvey in “Sorry For Your Loss”, duetto dedicato a Mark Linkous degli Sparklehorse e Aldous Harding ai backing vocals in “Rachel”. Veramente curioso il modo in cui è stata registrata la parte cantata della Harding: su un cellulare nel backstage del “Later … with Jools Holland” prima di un’esibizione in cui John Parish doveva accompagnare al piano la cantante neozelandese. Ennesima dimostrazione del talento di un musicista che punta al perfezionismo ma è anche capace di cogliere l’attimo, inventando sul momento soluzioni non scontate.

C’è anche l’anima del John Parish compositore tra le note di questo nuovo lavoro, quella più cinematografica se vogliamo, evidente in brani come “Buffalo”, “Kireru”, “Le Passè Devant Nous” e “Carver’s House”. Non è certo un disco immediato “Bird Dog Dante”. Ha bisogno di numerosi ascolti per essere apprezzato appieno, per permettere ad arrangiamenti come quelli di “The March” o alla delicatezza di “Type 1” di venire metabolizzati a dovere. Ma è, questo si, una specie di bignami che raccoglie il passato, il presente e forse anche un po’ del futuro musicale di un artista che meriterebbe più fortuna, non solo come produttore.