Sempre suggestiva la proposta del trio Guto Pryce, Lindsey Leven e del chitarrista Gid Goundrey, che tornano a solcare i cieli più popedelici anche in questo secondo episodio della saga dei Gulp, che nel frattempo si sono spostati (parliamo della coppia Guto e Lindsey) in Scozia e questo album è una specie di omaggio a questo trasloco, a detta dei protagonisti stessi.
Sta di fatto che, rispetto all’esordio del 2014, forse viene un po’ meno l’aspetto folk, ma rimane inalterata la capacità visionaria della band, capace di oscillare con gran gusto tra gli anni ’60 e ’70, mentre forti iniezioni di Stereolab e Broadcast permeano l’ambiente. Musica che davvero può testimoniare un percorso, un viaggio e poi un arrivo: musica per il movimento ma anche per fermarsi e ammirare l’orizzonte che ci pare non avere fine (“Beam”, richiama quasi la magia di Alison Goldfrapp). Synth dal sapore retrò, piacevoli melodie pop (“Claudia”), ambientazioni dal gusto ritmico motorik, sensazioni più in slow-motion (“Following Rain”) e i nostri sensi che si lasciano andare, ma, oltre a tutto questo, anche le mura di una piccola discoteca in cui farsi prendere da un groove semplice eppure irresistibile, nel suo sapore anni ’70 (“Morning Velvet Sky”).
Un piacevole lavoro che non deluderà chi cerca una lieve punta di sperimentazione su trame pop.